La proposta avanzata dal governo di reintrodurre l’obbligo di chiusura degli esercizi commerciali la domenica e nei giorni festivi, prevedendo un numero massimo di giornate annue di apertura festiva, con l’eccezione delle località turistiche, ha avuto un’ampia risonanza, come spesso accade quando si parla di provvedimenti che hanno a che fare con gli stili di vita e le attività quotidiane dei cittadini.
Il dibattito è ripartito a seguito di una proposta di legge, presentata in parlamento dal sottosegretario allo Sviluppo economico Davide Crippa (5 stelle), che prevede la fine della liberalizzazione degli orari dei negozi e il ritorno a una serie di vincoli per le aperture festive e domenicali.
Le diverse proposte di legge mirano ad una stretta alle aperture domenicali e nei giorni festivi degli esercizi commerciali. Quella più restrittiva è stata depositata dal Consiglio regionale delle Marche che limita anche le attività commerciali che somministrano alimenti e bevande, quindi anche bar e ristoranti, e che prevede l’obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale nonché la facoltà di aperture domenicale e festiva per un massimo di una giornata l’anno, escluse, comunque, le festività.
La proposta del M5S contempla turni a rotazione per l’apertura degli esercizi commerciali nelle domeniche e nei giorni festivi, secondo un piano per la regolamentazione dei giorni di apertura adottato dalle Regioni d’intesa con gli enti locali e le organizzazioni di categoria, dei lavoratori e dei consumatori. Questa proposta lascia fuori comunque attività come alberghi, bar, ristoranti, giornalai, ecc e, in ogni caso i negozi nelle località turistiche e nelle città d’arte.
La proposta della Lega prevede un obbligo di 8 chiusure l’anno di cui 4 domeniche nel mese di dicembre e altre nel corso degli altri mesi. Anche la Lega esclude i negozi nelle località turistiche e nei comuni montani, oltre alle attività commerciali balneari e connesse.
Diversa la proposta del Pd che prevede nessun limite agli orari di apertura e chiusura né alcun obbligo di chiusura domenicale e festiva a eccezione delle maggiori festività nazionali (capodanno, 1° maggio, ecc).
Infine a proposta di iniziativa popolare restituisce di fatto alle Regioni la competenza a disciplinare gli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi.
Ci sono critiche e applausi, che cambiano a seconda del punto di vista degli interlocutori. Naturalmente i piccoli negozi guardano con favore alla chiusura domenicale dei centri commerciali in quanto per loro il sacrificio è enorme in quanto il più delle volte sono a conduzione familiare e non esiste turnazione; mentre secondo la Federdistribuzone metterebbe a rischio tra i 30 e i 40 mila posti di lavoro.
Commenta l'articolo o scrivici compilando il form